LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima sezione penale 
 
    composta da: 
        Enrico Giuseppe Sandrini - Presidente; 
        Domenico Fiordalisi; 
        Francesco Centofanti; 
        Stefano Aprile - Relatore; 
        Antonio Minchella; 
    ha pronunciato la seguente ordinanza, sul ricorso proposto da: 
        F.M. nato a ... il ...; 
    Avverso l'ordinanza del 22 dicembre 2017 del Tribunale di Bologna 
    Udita la relazione svolta dal consigliere Stefano Aprile; 
    Lette le conclusioni del procuratore generale Roberto Aniello che
ha chiesto di sollevare questione di costituzionalita' degli articoli
24 e 25 del decreto del Presidente della Repubblica  n.  313/2002  in
riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione  nella  parte  in
cui non prevedono che nei certificati del casellario giudiziale e del
certificato penale richiesto dall'interessato non siano riportate  le
sentenze di condanna per il reato di cui all'art  186,  codice  della
strada a pena sostituita con quella del lavoro di  pubblica  utilita'
con dichiarazione  di  estinzione  del  reato  in  caso  di  positivo
svolgimento dello stesso lavoro di pubblica  utilita'  ex  art.  186,
comma 9-bis del codice della strada. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con il  provvedimento  impugnato,  il  Tribunale  di  Bologna,
giudice del casellario ex  art.  40,  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 313 del 2002, ha rigettato l'istanza di  M.F.  volta  a
ottenere  la  cancellazione  dai  certificati  generale   e   penale,
richiesti dall'interessata ex articoli 24 e 25 del medesimo  decreto,
della sentenza pronunciata dal Tribunale di Ravenna in data 13  marzo
2013 (irrevocabile il 17 maggio 2013) per il reato  di  cui  all'art.
186,  codice  della  strada,  dichiarato  estinto   all'esito   dello
svolgimento positivo dei lavori di pubblica  utilita'  ex  art.  186,
comma 9-bis, dello stesso codice. 
    2. Ricorre M.F., a mezzo del difensore avv. Marziano  Ponti,  che
chiede l'annullamento del  provvedimento  impugnato,  denunciando  la
violazione di legge e il vizio  di  motivazione,  avendo  il  giudice
erroneamente escluso di procedere  all'interpretazione  analogica  in
bonam partem prospettata  dalla  difesa  del  disposto  di  cui  agli
articoli 24 e 25 del  decreto  del  presidente  della  Repubblica  n.
313/2002 relativi a ipotesi di non iscrivibilita' per cause estintive
del reato o della pena sovrapponibili alla presente e, comunque,  non
motivato in  relazione  alla  questione  di  costituzionalita'  degli
articoli 24 e 25 stesso decreto nella parte in cui non  prevedono  la
non iscrivibilita' (nel  certificato  generale  e  in  quello  penale
richiesti  dall'interessato)  delle  sentenze  per  reati  dichiarati
estinti ex art. 186, comma 9-bis, codice della strada. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1. Non e' irrilevante e manifestamente infondata la questione  di
legittimita' costituzionale degli articoli 24, comma 1, e  25,  comma
1, del decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre  2002,  n.
313,  recante  «testo  unico   delle   disposizioni   legislative   e
regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe  delle
sanzioni amministrative dipendenti da reato e  dei  relativi  carichi
pendenti (Testo A)», anche nel testo anteriore  alle  modifiche,  non
ancora efficaci, recate dal decreto legislativo 2  ottobre  2018,  n.
122 (Disposizioni per la revisione della  disciplina  del  casellario
giudiziale, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 18  e
19, della legge 23 giugno  2017,  n.  103),  per  contrasto  con  gli
articoli 3 e 27 della Costituzione, nella parte in cui non  prevedono
che nel certificato generale e nel certificato penale del  casellario
giudiziale  richiesti  dall'interessato  non   siano   riportate   le
iscrizioni della sentenza di condanna per il reato  di  cui  all'art.
186, codice della strada che sia stato  dichiarato  estinto  ex  art.
186, comma 9-bis, codice della strada per  positivo  svolgimento  del
lavoro di pubblica utilita'. 
    2. Va premesso che il provvedimento che  condanna  alla  sanzione
sostitutiva e' iscrivibile ex art. 3, decreto  del  Presidente  della
Repubblica  n.  313  del  2002,  sicche'  risulta   dal   certificato
rilasciato a richiesta dell'autorita' giudiziaria a  mente  dell'art.
21 del decreto. 
    In proposito  la  giurisprudenza  di  legittimita'  ha  affermato
«l'estinzione del reato  a  seguito  del  positivo  espletamento  del
lavoro di pubblica utilita',  presupponendo  l'avvenuto  accertamento
del fatto, non impedisce al giudice di  valutario  in  un  successivo
processo quale precedente specifico ai fini  del  giudizio  circa  la
«recidiva  nel  biennio»,  prevista  dall'art.  186,  comma  secondo,
lettera c) del codice della strada» (Sezione 4, n. 1864 del 7 gennaio
2016, Oberoffer, Rv. 265583 - 01). 
    2.1.  D'altra  parte,  la  sanzione  sostitutiva  del  lavoro  di
pubblica utilita' puo' essere eseguita soltanto dopo il passaggio  in
giudicato della sentenza (Sezione 4, n. 54985 del 24 ottobre 2017, Di
Cola, Rv. 271658 - 01), spettando al  giudice  dell'esecuzione  -  da
individuarsi in quello che ha pronunciato la sentenza - di  accertare
lo svolgimento del lavoro sostitutivo e procedere  alla  declaratoria
di estinzione del reato (e alla riduzione alla meta'  della  sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida  e
alla revoca della confisca del veicolo, ove disposta). 
    2.2. Cio' premesso, l'iscrizione in  questione  non  rientra  tra
quelle che, a norma degli articoli 24 e 25 del decreto del Presidente
della Repubblica n. 313 del 2002, sono escluse  dalla  certificazione
rilasciata a richiesta  dell'interessato,  poiche'  non  e'  compresa
nell'elencazione tassativa di eccettuazione ivi prevista. 
    3. Il provvedimento impugnato, che ha rigettato la  richiesta  di
eliminazione dell'iscrizione dal certificato rilasciato  a  richiesta
dell'interessato, appare coerente con il dato  normativo  perche'  il
giudice del casellario  ha  affermato  (come  gia'  nella  precedente
ordinanza del Tribunale di Ravenna in data 15 gennaio  2015  che  era
stata annullata per difetto di  competenza  funzionale  con  sentenza
Sezione 1, n. 10463 del  1°  dicembre  2016  dep.  2017,  Ferri,  Rv.
269550,  Rv.  269551)  l'iscrivibilita'  ex  art.  3,   decreto   del
Presidente della  Repubblica  n.  313  del  2002  della  sentenza  di
condanna e della successiva declaratoria di estinzione del  reato  ex
art. 186, comma 9-bis, codice della strada,  e  la  non  eliminazione
dell'iscrizione stessa ex art. 5 del citato decreto nonche' l'obbligo
di  riportare  nei  certificati  generale  e  penale  del  casellario
(oggetto dell'istanza introduttiva dell'incidente di  esecuzione)  la
sentenza di condanna in questione ex articoli 24 e  25  del  medesimo
decreto. 
    3.1. Al riguardo deve osservarsi, come correttamente  evidenziato
dal procuratore generale, che nessuna delle modifiche  apportate  dal
decreto legislativo n. 122 del  2  ottobre  2018  (peraltro  operanti
decorso un anno dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale avvenuta
il 26 ottobre 2018 e comunque non applicabili nel caso di specie)  al
decreto del Presidente della  Repubblica  n.  313  del  2002  riveste
rilievo per l'istanza della ricorrente, non  essendo  stata  prevista
dalla novella l'eliminazione della iscrizione nel casellario e  della
menzione nel certificato generale del casellario (ora unico  ex  art.
24) della sentenza di condanna per il  reato  di  cui  all'art.  186,
codice della strada conclusasi con  declaratoria  di  estinzione  del
reato ex art. 186, comma  9-bis,  per  lo  svolgimento  positivo  del
lavoro di pubblica utilita',  disposto  in  sostituzione  della  pena
detentiva e pecuniaria irrogate. 
    Parimenti appare corretta l'affermazione della non praticabilita'
della (sollecitata) interpretazione analogica  in  bonam  partem  del
disposto degli articoli 24, comma 1, lettera b) e lettera e),  e  25,
comma 1, lettera b) e lettera e) -  disposizioni  relative  alla  non
menzione dei reati estinti ex  articoli  167,  codice  penale  e  445
codice di procedura penale -, essendo quelle indicate eccezioni  alla
regola  generale  (per  cui  tutti  i  provvedimenti   iscritti   nel
casellario  vanno  riportati  nei  certificati)  e   quindi   deroghe
tassative, insuscettibili di  estensione  analogica,  in  virtu'  del
criterio ermeneutico di cui all'art. 14, secondo comma,  preleggi  al
codice civile. 
    4. Rispetto alle censure formulate in relazione all'art. 3  della
Costituzione, occorre osservare come l'implicito obbligo di includere
i provvedimenti relativi all'art. 186, codice  della  strada,  quando
sia stato dichiarato estinto il reato per  positivo  svolgimento  del
lavoro di pubblica utilita' nei certificati del casellario  richiesti
da privati, possa risolversi in un trattamento deteriore dei soggetti
che beneficiano  di  questi  provvedimenti,  orientati  anche  a  una
finalita'  deflattiva   con   correlativi   risvolti   premiati   per
l'imputato, rispetto a coloro che - aderendo  o  non  opponendosi  ad
altri procedimenti, come il patteggiamento o  il  decreto  penale  di
condanna, ispirati essi pure alla medesima  finalita'  -  beneficiano
gia'  oggi  della  non  menzione  dei  relativi   provvedimenti   nei
certificati richiesti dai privati. 
    Rispetto al patteggiamento, la Corte costituzionale ha avuto modo
di qualificare il beneficio ex lege della non menzione delle sentenze
ex art. 444 e seguenti del codice di procedura penale nel certificato
del casellario giudiziale come un  incentivo  finalizzato  a  indurre
«l'imputato a pervenire sollecitamente alla definizione del processo»
(sentenza n. 223 del 1994). 
    Poiche', tanto  la  declaratoria  di  estinzione  della  sanzione
sostitutiva di cui all'art. 186, comma 9-bis,  codice  della  strada,
quanto il  patteggiamento,  costituiscono  procedimenti  «diretti  ad
[assicurare all'imputato] un trattamento piu' vantaggioso  di  quello
del rito ordinario» (sentenza n. 91 del 2018), non e'  manifestamente
infondata la  questione  della  irragionevolezza  della  disposizione
laddove il beneficio della non menzione viene riconosciuto ex lege  a
chi si limiti a concordare con il pubblico  ministero  l'applicazione
di una pena sulla base di un provvedimento equiparato a una  sentenza
di condanna, salve le eccezioni previste dalla legge (art. 445, comma
1-bis, codice di procedura penale), e non - invece - a chi ottenga la
declaratoria di estinzione  del  reato  oggetto  di  condanna  penale
attraverso un percorso che comporta l'adempimento  di  una  serie  di
condotte in favore della collettivita', per  effetto  di  una  scelta
volontaria, e con esiti oggettivamente e agevolmente verificabili:  e
cio' nella medesima ottica di risocializzazione  cui  avrebbe  dovuto
tendere la pena, qualora il reato non fosse stato dichiarato estinto. 
    Inoltre,  mentre  per  la  generalita'   dei   casi   esiste   la
possibilita' di beneficiare della non  menzione  della  condanna  nei
certificati qualora si sia ottenuta la riabilitazione (art. 24, comma
1, lettera d) e art.  25,  comma  1,  lettera  d),  del  testo  unico
casellario), nel caso dei provvedimenti relativi alla  estinzione  ex
art. 186, comma 9-bis, codice della strada essa  e'  per  definizione
esclusa. Il che costituisce un ulteriore  profilo  di  non  manifesta
infondatezza della dedotta irragionevolezza. 
    4.1.   Analogo   non   manifestamente   infondato    dubbio    di
costituzionalita' in relazione all'art. 3 della  Costituzione  emerge
in relazione alla diversa regolamentazione delle «condanne per  reati
estinti a norma dell'art. 167, primo comma, del  codice  penale»  che
non vengono iscritti nel certificato  penale  rilasciato  al  privato
(art. 24, comma 1, lettera b) e 25, comma 1, lett. b). Si tratta,  in
effetti, di una disposizione che esclude dalla certificazione i reati
per i quali vi e' stata condanna, ma che si estinguono all'esito  del
periodo  di  osservazione  biennale  (per   le   contravvenzioni)   e
quinquennale (per i delitti) di cui all'art. 163 del codice penale. 
    Sotto il profilo dell'indicato parametro di uguaglianza, infatti,
non e' manifestamente infondato il dubbio di costituzionalita' tenuto
presente, d'un canto, la natura contravvenzionale del  reato  di  cui
all'art. 186, codice della strada e, dall'altro, che la dichiarazione
di estinzione consegue all'accertamento  giudiziale  dell'adempimento
della   sanzione   sostitutiva,   sicche'   risulta    specificamente
verificato, rispetto  alla  sospensione  condizionale,  l'avveramento
della condizione apposta dalla legge per l'estinzione del reato. 
    In  sostanza,  la  posizione  del  soggetto   che,   dopo   avere
positivamente  svolto  il  lavoro   sostitutivo,   ha   ottenuto   la
declaratoria di estinzione ex art. 186,  comma  9-bis,  codice  della
strada, e' trattata in modo deteriore rispetto a quella di colui che,
avendo ottenuto la sospensione condizionale della pena, si limiti  ad
attendere il decorso del tempo necessario a determinare  l'estinzione
del reato. 
    4.2. Non manifestamente infondate sono,  altresi',  le  questioni
sollevate in relazione all'art. 27, terzo comma, della Costituzione. 
    Va rilevato che la Corte costituzionale, con sentenza n. 231  del
2018, ha dichiarato l'illegittimita' degli articoli 24,  comma  l,  e
25, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 14  novembre
2002, n. 313, citati, nel testo anteriore alle modifiche - non ancora
efficaci - recate dal decreto legislativo  2  ottobre  2018,  n.  122
(Disposizioni  per  la  revisione  della  disciplina  del  casellario
giudiziale, in attuazione della delega di cui all'art. 1, commi 18  e
19, della legge 23 giugno 2017, n.  103),  nella  parte  in  cui  non
prevedono che nel certificato generale e nel certificato  penale  del
casellario giudiziale richiesti dall'interessato non siano  riportate
le iscrizioni dell'ordinanza di sospensione del  processo  con  messa
alla prova dell'imputato ai sensi dell'art. 464-quater, del codice di
procedura penale e della sentenza che dichiara l'estinzione del reato
ai sensi dell'art. 464-septies, codice di procedura penale. 
    Come affermato anche da una recente sentenza delle Sezioni  unite
dalla Corte di cassazione  (n.  91  del  2018),  la  sospensione  del
procedimento con messa alla prova costituisce «istituto che  persegue
scopi  special-preventivi  in  una  fase  anticipata,  in  cui  viene
"infranta" la sequenza cognizione-esecuzione della pena, in  funzione
del raggiungimento della risocializzazione  del  soggetto».  In  tale
ottica,  l'istituto  -  al  quale  va  riconosciuta  una   dimensione
processuale e, assieme, sostanziale -  costituisce  parte  integrante
del sistema sanzionatorio penale, condividendo con la declaratoria di
estinzione di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada,  la
base consensuale del procedimento e del trattamento che ne  consegue.
L'istituto non puo', pertanto,  che  essere  attratto  dal  finalismo
rieducativo che l'art. 27, terzo comma,  della  Costituzione  ascrive
all'intero sistema sanzionatorio penale. 
    Le  ragioni  che  la  Consulta  ha  posto  a   fondamento   della
declaratoria di incostituzionalita' delle norme che non prevedono  la
non  menzione,  nei  certificati   rilasciati   a   richiesta   degli
interessati, delle sentenze dichiarative  dell'estinzione  del  reato
per esito positivo della messa alla prova  ex  art.  464-septies  del
codice di procedura penale, fino all'entrata in  vigore  del  decreto
legislativo n.  122  del  2018  (che  tale  divieto  di  menzione  ha
espressamente previsto), si attagliano dunque in modo  puntuale  alla
fattispecie in esame dell'estinzione del reato di cui  all'art.  186,
codice della strada conseguente  all'analoga  prestazione,  da  parte
dell'imputato,  di  un'attivita'  non  retribuita  in  favore   della
collettivita' che sia funzionale all'emenda e alla risocializzazione,
il cui  positivo  esperimento  non  giustifica  (piu')  lo  strascico
pregiudizievole rappresentato dalla menzione del  reato  estinto  nei
certificati rilasciati dal casellario, allo  stesso  modo  dell'esito
positivo della prova ammessa ai sensi dell'art. 464-quater del codice
di rito. 
    La menzione dei  provvedimenti  concernenti  la  declaratoria  di
estinzione di cui all'art. 186, comma 9-bis, codice della strada  nei
certificati richiesti dai privati  appare  disfunzionale  rispetto  a
tale obiettivo,  costituzionalmente  imposto.  La  menzione  relativa
risulta,  anzi,  suscettibile  di  risolversi  in  un   ostacolo   al
reinserimento sociale del soggetto che abbia ottenuto, e poi concluso
con successo, lo svolgimento del lavoro sostitutivo, creandogli -  in
particolare - piu' che prevedibili difficolta' nell'accesso  a  nuove
opportunita' lavorative, senza che cio' possa ritenersi  giustificato
da ragioni plausibili di tutela di controinteressi costituzionalmente
rilevanti,  dal  momento  che  l'esigenza   di   garantire   che   la
declaratoria di estinzione di cui all'art. 186, comma  9-bis,  codice
della strada non sia concessa piu' di una volta (ultimo periodo della
disposizione  dianzi  citata)  e'  gia'   adeguatamente   soddisfatta
dall'obbligo di iscrizione dei menzionati provvedimenti e della  loro
indicazione nel certificato «ad  uso  del  giudice»  (rispettivamente
articoli 3, comma l, lettera a), e  21,  comma  l,  del  testo  unico
casellario giudiziale). 
    Non v'e'  invece  alcuna  ragione  plausibile  perche'  si  debba
menzionare anche sui certificati richiesti  dai  privati  -  con  gli
effetti pregiudizievoli di cui si e' detto -, a carico di un soggetto
che ha ottenuto la declaratoria di estinzione del reato. 
    D'altra parte, una volta che il  processo  si  sia  concluso  con
l'estinzione del reato per effetto  dell'esito  positivo  del  lavoro
sostitutivo, la menzione della  vicenda  processuale  ormai  definita
contrasterebbe con la ratio della stessa dichiarazione di  estinzione
del reato, che comporta  normalmente  l'esclusione  di  ogni  effetto
pregiudizievole - anche in termini reputazionali - a carico di  colui
al quale il fatto di reato sia stato in precedenza ascritto. 
    5. Le considerazioni esposte impongono di dichiarare rilevante  e
non manifestamente infondata, con riferimento agli articoli  3  e  27
della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale degli
articoli 24, comma 1, e 25, comma 1, del decreto del Presidente della
Repubblica 14 novembre 2002,  n.  313,  recante  «testo  unico  delle
disposizioni legislative e regolamentari  in  materia  di  casellario
giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative  dipendenti  da
reato e dei relativi carichi pendenti (Testo  A)»,  anche  nel  testo
anteriore alle modifiche, non ancora  efficaci,  recate  dal  decreto
legislativo 2 ottobre 2018, n. 122  (Disposizioni  per  la  revisione
della disciplina  del  casellario  giudiziale,  in  attuazione  della
delega di cui all'art. 1, commi 18 e 19, della legge 23 giugno  2017,
n. 103), nella  parte  in  cui  non  prevedono  che  nel  certificato
generale e nel certificato penale del casellario giudiziale richiesti
dall'interessato non siano riportate le iscrizioni della sentenza  di
condanna per il reato di cui all'art. 186, codice  della  strada  che
sia stato dichiarato estinto ex art. 186, comma 9-bis,  codice  della
strada per positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita'. 
    A norma dall'art. 23, legge 11 marzo 1953,  n.  87,  deve  essere
dichiarata la sospensione del presente procedimento, con  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. 
    La Cancelleria, infine, provvedera' alla notifica di copia  della
presente ordinanza alle parti  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri e alla comunicazione della stessa ai Presidenti della Camera
dei deputati e del Senato della Repubblica.